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Il mondo sconosciuto dietro casa
Larici, foliage, colori saturi e toni caldi. L’autunno in fotografia è la stagione più bella, non c’è storia. Ma nella vita di noi comuni mortali l’autunno è ben altro: buio, freddo, e nebbia.
Allenarsi in queste condizioni senza rimpiangere l’estate appena finita non è facile. Le giornate si accorciano e gli impegni ci impediscono di passare qualche ora in montagna, e, almeno cinque giorni su sette, correre si riduce soltanto a una cosa: argini.
Per chi abita in pianura gli argini dei fiumi diventano, più per necessità che per vocazione, la pista da atletica di chi corre fuori strada, e il più insopportabile tassello nella tabella di allenamento. Correre sugli argini ci ricorda quando facevamo le campestri a scuola, insomma un ricordo nel novanta percento dei casi orribile. L’aria fredda che penetra nei polmoni rende tutto più difficile, e il terreno erboso assorbe la maggior parte della potenza che scarichiamo a terra, ingoffando il gesto e rendendo ogni passo ancora più faticoso.
Se vi state chiedendo per quale ragione in giro c’è poca gente che corre, probabilmente la risposta è perché è costretta a farlo in un posto che noi per primi riteniamo orribile. L’argine è un lungo cannocchiale che attraversa non visto paesi, periferie, zone industriali, unendosi e dividendosi con altri fiumiciattoli, fossi e torrenti, e creando una ragnatela che copre la pianura da Torino a Venezia. Insomma, l’argine è a tutti gli effetti un sentiero, e come ogni sentiero sembra nascere dal nulla, ma muore gettandosi in uno nuovo. Dal punto di vista biologico è un mondo a sé stante, dal punto di vista geostorico è il prodotto di politiche di regolazione idrica e di progettazione territoriale antichissime. Ma dal punto di vista paesaggistico, l’argine è soprattutto un punto di vista rialzato all’interno di un paesaggio dove tutto è orizzontale. Quando è limpido, dall’Astico si arriva a vedere Schio, e anche oltre, fino al Sacrario del Pasubio. Ma quando ci corriamo sopra non lo vediamo: ci scorrono davanti agli occhi ricordi lontani, pensieri quotidiani, la visita dal dentista del giorno dopo, la gara in Dolomiti dell’estate passata. Ma non vediamo ciò che ci circonda, facendoci perdere la gioia del momento. E così dopo un paio di autunni correrci sopra diventa sempre più insopportabile, finendo per farci perdere la voglia.
Ma quanto bello sarebbe se diventasse un luogo di condivisione?
Flagstaff, Arizona, un luogo leggendario nella scena dell’ultrarunning, ha un sistema sentieristico urbano che collega i distretti della città e attorno al quale ruota una community sportiva enorme. La ciclabile che da Praga porta a Berlino corre per buona parte tra l’argine e il letto stesso dell’Elba: entrando a Dresda da sud, sul letto del fiume si incontrano moltissimi Biergarten attorno ai quali la vita sociale si incontra con quella sportiva, rendendo il fiume non soltanto un semplice posto, ma anche un luogo, che non è la stessa cosa. Ora immaginate che i chilometri di argini presenti nella nostra provincia diventino motivo di condivisione. In diversi casi potrebbero essere anche funzionali dal punto di vista economico. È semplicissimo, e parte da noi: è sufficiente allacciarsi le scarpe da corsa e andare a scoprire il mondo che abbiamo dietro casa.
Qui uno degli ultimi articoli con i consigli del reparto sportivo per una corsa sicura anche nelle stagioni fredde.